La ricerca Censis e i dati Istat: violenza e paura aumentati durante il confinamento: non trattiamoli come un’emergenza.

Articolo di Luisa Pronzato pubblicato su  La Ventisettesima Ora, Corriere della Sera il 21 aprile 2021.

https://27esimaora.corriere.it/21_aprile_21/ricerca-censis-dati-istat-violenza-paura-aumentati-il-confinamento-non-trattiamoli-come-un-emergenza-47954786-a2e3-11eb-a9ed-6c6ca72bdef6.shtml

 

L’Istat ci ha detto, e confermato, che durante il confinamento i femminicidi sono aumentati: nel 2020 sono stati 112 e 101 nel 2019. Volendo ragionare ancora per dati, guardando lo Spoon river- Oltre la violenza che pubblichiamo dal 2012 (da allora sono 904) nei primi 4 mesi del 2021 sono state già 24 le donne uccise da un uomo. Indignarsi serve a poco. Serve capire come affrontare non solo l’escalation. Da alcune settimane nella ghiaccia di La27ora abbiamo il pezzo di un sociologo/antropologo che, dati e ragionamenti alla mano, chiede di aumentare le pene… Lo pubblicheremo perché il nostro spirito è dare voce a tutte le voci affinché le persone che leggono abbiano strumenti per costruirsi le proprie opinioni.
Inutile, però, quanto l’indignazione, alzare i vessilli delle leggi securitarie. Da sole non scalfiscono. Una prova? Il fatto che molti degli uomini che uccidono una donna subito dopo tentano il suicidio.

Quello che mi preme qui sottolineare, e ripetere, però è l’invito a non usare questo dato per lanciare allarmi del tipo “emergenza femminicidi”, “emergenza violenza”. Femminicidi e violenza non sono un’emergenza. Sono un dato strutturale… Atteggiamenti e comportamenti che ci portiamo dietro da qualche secolo e che fanno sempre parte della storica subalternità del genere femminile decretata da quello maschile. Se “culturale” vi sembra troppo teorico andiamo alle date. Ne riporto una per tante. L’autorizzazione maritale (prevedeva che la donna domandasse al marito il permesso per contrarre un mutuo e persino la firma per muovere del denaro anche se appartenente ai suoi beni) è stata abrogata nel 1919 con una la Norme circa la capacità giuridica della donna che, tra le diverse innovazioni, abilita le donne “a pari titolo degli uomini” all’esercizio di “tutte le professioni e a coprire tutti gli impieghi pubblici”, restando comunque esclusi gli impieghi “giurisdizionali o l’esercizio di diritti e di potestà politiche, o che attengono alla difesa militare dello Stato”. E nonostante questo, la parificazione del ruolo della donna all’interno della famiglia è avvenuta solo nel 1975. Direte che c’entra con femminicidi e violenza: è una questione di proprietà e potere, rimarcata persino dalle leggi. E un secolo dall’abrogazione non è poi molto. La storia e i processi sociali viaggiano molto più lenti di quanto ci aspettiamo.

Torniamo all’oggi: «Occorre intervenire prima» mi dice spesso Francesca Garbarino, criminologa e vice- presidente del Cipm che lavora con gli uomini violenti. «Il 70 percento delle ricerche criminologiche sui femminicidi dimostra che sono preceduti da stalking e maltrattamenti. Possibile che nessuno se ne renda conto? Bisogna insegnare a leggere questi segnali. E appunto intervenire prima». Vero è che leggendo le cronache ogni tanto leggiamo pure che il femminicida era stato allontanato… E ancora Garbarino me lo ha spiegato ogni volta che ci siamo sentite. «Gli interventi vanno fatti in rete. Devono essere convolti tutti i servizi: chi si occupa delle probabili vittime, chi degli uomini e le forze dell’ordine. Agli uomini a rischio – e come dicevamo i segnali ci sono – vanno offerti percorsi trattamentali». Come tra l’altro indica la Convenzione di Istanbul (art.16). E, aggiungerei io, donne e uomini mettiamoci al lavoro: impariamo a riconoscere i campanelli d’allarme, quando sono ancora “soft”…

In questo senso qualcosa sta accadendo: Le richieste di aiuto al numero antiviolenza e stalking 1522 sono aumentate, ci dice sempre oggi il Secondo rapporto sulla filiera della sicurezza in Italia realizzato dal Censis e da Federsicurezza. Da marzo a ottobre 2020 le chiamate sono state 23.071: un anno prima, nello stesso periodo, erano state 13.424 (+71,9%). Le donne che hanno paura, dice lo studio, mettono in atto comportamenti che ne condizionano la qualità della vita. Di paure si deve ora tornare a parlare. Non sono solo quelle tra le mura domestiche. Le paure si allargano: il 75,8% delle donne ha paura a camminare per strada e di prendere i mezzi pubblici di sera – dice il rapporto – l’83,8% di frequentare luoghi affollati. Nelle settimane scorse molte lettrici ci hanno raccontato i timori e i motivi reali da cui originano. Li troverete nell’inchiesta pubblicata su La27ora a firma Chiara Severgnini e Irene Soave.

Per affrontarle, da qualche mese, sulla piattaforma Corriere trovate il progetto StandUp, un centianio di webinar a partecipazione libera clicca qui o sull’immagine sotto per lconoscerlo meglio e le istruzioni per partecipare), organizzati in collaborazione con Hollabac! e L’Oréal,: un’ora di condivisione seguite da una tutor per imparare ad affrontare le molestie in strada.